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martedì 24 febbraio 2015

KINGSMAN - THE SECRET SERVICE DI MATTHEW VAUGHN


Dal regista di due Cinecomics come Kick-Ass e X-Men - L'Inizio, Matthew Vaughn, ecco arrivare il terzo, Kingsman - Secret Service, adattamento cinematografico dell'omonimo fumetto (o comic novel) creato dalla coppia formata da Mark Millar e Dave Gibbons. 
Avevamo appena finito di elogiare Inarritu e il suo Birdman, per il coraggio dimostrato nello sputare contro il cinema dei supereroi e dei cinefumettoni, ma subito dobbiamo ricomporci e rivolgere un plauso a Vaughn per la sua ultima prova registica. Kingsman è un concentrato di situazioni al limite del possibile in cui un gruppo di "agenti segreti" scelti attraverso un corso ad "eliminazione", capitanati da Harry Hart (Colin Firth), Merlin (Mark Strong) e Arthur (Michael Caine) devono lottare contro quel cattivone di Richard Valentine (Samuel L. Jackson) che ha in mente di decimare la popolazione mondiale, che egli considera come un virus che ha colpito la terra e che la sta portando lentamente, ma inesorabilmente, alla definitiva morte. Per raggiungere il suo obiettivo si serve di una speciale sim card da innestare sottopelle e che porta gli uomini ad annientarsi tra di loro in maniera violenta. I Tre conteranno sul giovanissimo Eggsy (Taron Egerton), figlio di un loro collega morto tragicamente durante una missione.


Kingsman - Secret Service è un'originale commedia/action/cinecomic che diverte (e scommettiamo si siano divertiti anche i protagonisti a girarla) il cui ritmo è molto incalzante, in cui le acrobazie si sprecano, i colpi ad effetto fanno tornare in mente Matrix (con continue scene rallentate ad aumentarne l'enfasi), è presente un buon numero di sequenze al limite dello splatter e quel sano Humor inglese che unisce l'aplombe di James Bond (la pellicola è piena zeppa di sue citazioni, dal Vodka Martini agitato non mescolato ai gadget da perfetto agente segreto) e la demenzialità di Austin Powers (che a sua volta era già un melting pot di citazioni cinematografiche sul tema spionistico/action).


Il Villain, un eccentrico Samuel L. Jackson con la zeppola alla Silvio Muccino, raccoglie in sé un'estrema cattiveria mescolata uniformemente ad una discreta goffaggine (accentuata dalla zeppola di cui sopra) e risulta essere uno degli elementi più comici di tutto il film che avrà il più classico degli happy ending. Originale la trovata della assistente sexy dai capelli alle ginocchia e letale dalle ginocchia in giù, grazie a delle protesi in stile Oscar Pistorius dotate di lame affilatissime.
Una pellicola, Kingsman - Secret Service divertente e rinfrescante, da guardare per rilassarsi e farsi quattro risate, ma facilmente dimenticabile non appena scorsi i titoli di coda. Ci sarà un sequel? Così dicono.  
Dal 25 febbraio nei cinema.
Voto 6,5/10.



lunedì 23 febbraio 2015

2015 ACADEMY AWARDS: BIRDMAN IS ALL IN!!!


Per la prima volta sono riuscito ad assistere alla più volte decantata Notte degli Oscar e lasciamo stare il fatto che uno dei tanti motivi per i quali ho scelto di abbonarmi a Sky era proprio questa serata, e poi questi buontemponi alle dipendenze di Murdoch decidono di mandare il tutto anche su Cielo, canale in chiaro, 'tacci loro. 
Nonostante la maggior parte dei Social dava come strafavorito "Boyhood", questo film monumentale ad opera di Richard Linklater si è dovuto accontentare "solo" della Statuetta per la miglior attrice non protagonista, Patricia Arquette (bravissima). Evidentemente quelli dell'Academy hanno voluto fare un dispetto e premiare (a sorpresa, ma nemmeno poi così tanto) un film, "Birdman", che è già entrato nella categoria "Cult" per lo splendido modo in cui il suo regista, Alejandro Gonzalez Inarritu, ha deciso di girarlo, ma non solo: un cast stellare, una fotografia da paura e una sceneggiatura più che originale (il mix tra cinema, teatro e critica sociale è quanto di più esplosivo possa esistere all'interno di un film) hanno permesso a Inarritu e ai suoi fedeli collaboratori di portarsi a casa ben 4 statuette, vale a dire Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura e Miglior fotografia. Peccato per la non assegnazione a Keaton del premio come miglior attore (andato all'ottimo Eddie Redmayne per la sua interpretazione in "La teoria del Tutto"). Sarebbe stata una cinquina strabiliante. 
Altro Poker di statuette l'ha collezionato il favoloso "The Grand Budapest Hotel": Costumi (orgoglio nazionale Canonero!!!), Trucco e parrucco, Scenografia e Colonna Sonora. Saranno premi "tecnici", ma donano alla pellicola di Anderson quel luccichio che impreziosisce sempre una cover DVD/Bluray, o no?
JK Simmons vince, come da pronostico, il premio come miglior attore non protagonista per la sua "Hartmaniana" interpretazione in "Whiplash", film che si porta a casa anche i premi per il miglior montaggio e per il miglior sonoro. Grande soddisfazione dunque anche per una pellicola molto più da Sundance che da Academy. 
Grande gioia anche per Julianne Moore (Miglior Attrice Protagonista) che era, a mio avviso, l'unica componente da Oscar del film "Still Alice". 
Per quanto riguarda i film di animazione, "Big Hero 6" della Disney (e anche un po' Marvel) batte la concorrenza di "Dragon Trainer 2", dato come favorito all'inizio. Certo, se ci fosse stato tra i candidati "The Lego Movie" avrei fatto un tifo sfegatato quest'ultimo film, ma tant'è, anche "Big Hero 6" mi era piaciuto tantissimo, e quindi posso ritenermi soddisfatto. 
Anche "The Imitation game" che concorreva per il miglior film, si è dovuto accontenatre, per modo di dire, della statuetta per la miglior sceneggiatura non originale. Chi dava come strafavoriti Benedict Cumberbatch e Keira Kneightley per i premi al miglior attore protaginista e miglior attrice non protagonista, ha dovuto ingoiare un piccolo bocconcino amarognolo. 
Totale indifferenza per l'Oscar al Miglior Film Straniero, "Ida" (Polonia), che mi sono lasciato sfuggire come le restanti pellicole straniere, all'infuori di Storie Pazzesche (Argentina/Spagna). 
Altro escluso eccellente è sicuramente "American Sniper" del Maestro Clint Eastwood (a dire la verità la presenza in platea della vedova Kyle mi aveva fatto presagire tutt'altro): solo miglior montaggio sonoro per lui (sebbene lo reputassi un buon film, non lo ritenevo comunque degno di alcuna statuetta, premi tecnici a parte).
Selma, candidato, tra gli altri, al premio come miglior film, si porta a casa solo la statuetta per la miglior canzone originale "Glory" la cui esecuzione live ha fatto inondare di lacrime più di un volto celebre in platea (Chris Pine, tra i più commossi). Difficile sarebbe stato vederlo vincere premi più prestigiosi, visto che solo l'anno scorso "12 anni schiavo", pellicola di Steve McQueen simile nei temi seppur ambientata in contesto storico diverso, si portò a casa il premio come Miglior film. Comunque, meglio di niente. 
Soddisfazione platonica, infine, per "Interstellar", bistrattato oltremodo tra Golden Globes e Academy Awards, che si aggiudica il premio per i migliori effetti speciali (e ci mancava pure che non glielo dessero, povero Nolan). 
E ora che la stagione dei premi può dirsi conclusa, in attesa di Cannes 2015, lanciamoci in questo che sarà un anno ricco di ritorni importanti, tra i quali quello dell'unico e inimitabile QUENTIN TARANTINO!!! 

I'm coming, Assholes!!!


Il vincitore della serata: Alejandro Gonzalez Inarritu - Birdman (Miglior Film, Miglior regia, Miglior Sceneggiatura originale e miglior Fotografia) 

L'Italia ha vinto anche quest'anno!!! Grande Milena Canonero, vincitrice del premio per i migliori costumi in 
The Grand Budapest Hotel

Spettacolare. 

Ecco il link dell'elenco completo dei vincitori, direttamente dal sito ufficiale del network ABC: 2015 Oscars Winners - 87th Academy Awards Nominations

mercoledì 18 febbraio 2015

BIRDMAN O (L'IMPREVEDIBILE VIRTU' DELL'IGNORANZA) DI ALEJANDRO GONZALEZ INARRITU


No, questo film non è un cinefumettone: basta leggere il nome del regista. Ma parla, a suo modo, di un Supereroe, anzi di un attore che vive intrappolato nell'immagine data dal supereroe di cui indossò, vent'anni prima, il costume: Birdman. Riggan Thomson (Michael Keaton) dopo aver preso parte alla trilogia dell'Uomo Uccello (le analogie con Batman si sprecano, soprattutto se andiamo a pensare che Keaton fu l'uomo pipistrello nei due episodi diretti da Burton) non riesce più ad ottenere una parte che sia una, e allora decide di darsi al teatro, riadattando l'opera di Raymond Carver "Di cosa parliamo quando parliamo d'amore".


Inarritu ambienta il suo nuovo film nella Grande Mela, a Broadway, girandolo per un buon 95% utilizzando la tecnica del piano sequenza (virtuale) e quindi sottoponendo se stesso e gli stessi attori ad un enorme sforzo dal punto di vista tecnico. Infarcisce la pellicola del realismo che da tale tecnica emana per natura, mischiandolo con scene surreali, a tratti oniriche, di grande impatto visivo. Il cast, formato da star del calibro di Michel Keaton, Edward Norton, Emma Stone, Naomi Watts e Zach Galifianakis, gli dà una grandissima mano a raggiungere l'obiettivo di creare qualcosa di unico ed indimenticabile come Birdman. Ma questo film non è solo tecnica. E' anche sostanza. Molta sostanza. La prima cosa che salta subito all'occhio è la feroce critica portata ad un certo cinema, ovvero quello dei cinefumettoni o cinefracassoni alla Transformers, e si fanno nomi e cognomi, a tal punto che vien da pensare se qualche attore - Robert Downey Jr, ad esempio - non abbia deciso di citare in giudizio Inarritu per le pesanti offese rivolte a lui ed al suo Ironman in alcuni dialoghi. Poi è la volta delle nuove tecnologie al servizio dei media (Youtube, Twitter ecc), foriere di improvvisa quanto effimera celebrità, a cui Riggan Thomson sembra non volersi piegare, più per orgoglio personale che per altro.
E infine non viene risparmiato nemmeno il dorato mondo della critica, teatrale o cinematografica che sia, capace di portare un personaggio tanto alle stelle quanto alle stalle, mediante recensioni lodanti o spietatamente bastarde.
Il finale poi... Tutto da gustare ed interpretare.


L'eclettico regista messicano mette dunque tantissima carne al fuoco, ma quel che ne viene fuori è tutt'altro che un mappazzone  insipido e pesante, anzi, è un piatto prelibato da gustare e per cui chiedere il bis e anche il tris. Regia, montaggio, sceneggiatura, fotografia e colonna sonora fanno a gara per salire sul gradino più alto di un ipotetico podio, tanto è alta la qualità di ognuno di questi fondamentali elementi. E, come accennato sopra, anche il cast brilla di una luce potentissima.


Birdman è Cinema, metacinema, teatro e tantissimo altro ancora. Un capolavoro, da vedere e rivedere.
Giustificatissima la candidatura per il miglior film, insieme alle altre. Il 22 notte ne vedremo delle belle...
Voto 9/10
Luca Cardarelli

lunedì 16 febbraio 2015

WHIPLASH DI DAMIEN CHAZELLE



La corsa agli Oscar non è mai stata costellata da così tanti film di così alto valore come quest'anno. Dopo aver visto e apprezzato (più o meno) i vari Boyhood, The Grand Budapest Hotel, American Sniper, The Imitation Game e Selma - La strada per la libertà, finalmente è arrivato il turno di focalizzare l'attenzione sul film che, da semplice Outsider, potrebbe trasformarsi nel grande trionfatore della Notte degli Oscar: Whiplash, scritto e diretto dal trentenne Damien Chazelle, al suo secondo lungometraggio, il primo ad essere arrivato alla "grande distribuzione", probabilmente dappertutto, tranne che in Italia, visto l'esiguo, anzi, diremmo ridicolo numero di sale che lo stanno programmando attualmente, VENTISEI (ma non vogliamo addentrarci nella sterile polemica riguardante le 900 e rotte sale che hanno in programmazione 50 sfumature di grigio).
Protagonisti della pellicola, un imberbe, seppur ormai trentenne, Miles Teller (già visto in "Quel momento imbarazzante") e un J.K. Simmons a dir poco esplosivo che ruba egregiamente la scena al protagonista con le sue sfuriate molto simili a quelle del Sergente Hartman di Kubrickiana memoria.


Andrew Neiman (Miles Teller) è un aspirante batterista jazz, matricola di uno dei più prestigiosi conservatori d'America, lo Shaffer di Manhattan. Sogna di entrare nel novero dei "grandi" del Jazz, come Buddy Rich che viene spesso tirato in causa nelle discussioni con il suo Maestro Terrence Fletcher (J.K.Simmons) che, dopo averlo visto esercitarsi in una sala prove della scuola, decide di introdurlo nella sua orchestra, poichè intravede in lui, nonostante la sua giovanissima età (19 anni), la stoffa del Campione. Andrew inizialmente parte come riserva del batterista titolare, ma ben presto riuscirà a scavalcarlo. Non tutto però andrà per il verso giusto. Infatti si scontrerà con Fletcher che, spronandolo a fare sempre meglio ed esigendo la perfezione da ogni singolo colpo di bacchetta, ricorre spesso alle maniere più che forti. Andrew per assecondarlo si massacrerà le mani, rinuncerà all'amore nei confronti di Nicole (Melissa Benoist), fino ad arrivare a rischiare addirittura la vita.


Whiplash nasce come un film musicale (Attenzione, non è un musical!!!) in cui il costante suono di casse, rullanti e timpani ci accompagna nella fitta foresta di emozioni di un ragazzo che sogna, anela, desidera con tutte le sue forze di uscire dall'anonimato e diventare "qualcuno", possibilmente "qualcuno" che venga ricordato come "un grande", scontrandosi con tutto: la vita, l'amore, la famiglia e la stessa scuola, nella persona del suo insegnante, dove cerca di apprendere tutti i segreti necessari per raggiungere il suo obiettivo. 


La scuola di musica è un po' metafora della vita, dove per emergere al di sopra della mediocrità devi sgomitare ed anche in maniera piuttosto violenta, perchè altrimenti non ce la fai, non sopravvivi, ed è tutto finito. Whiplash è un film potente, che attraverso le urla e le percosse di Fletcher frusta l'animo di Andrew, ma anche quello dello spettatore, che alla fine viene conquistato da quel mix di Jazz, lacrime e sangue che fanno crescere il diciannovenne fino a renderlo consapevole dei propri mezzi e riuscire ad arginare come uno scoglio lo tsunami di cattiveria, quasi sadismo, del perfido e bastardo insegnante, che alla fine non può far altro che sorridere davanti alla propria sconfitta.
Un film, Whiplash, adrenalinico, superbo, emozionante: da applausi, soprattutto per il finale tutto cassa e rullante!!!
Voto: 9/10.
Luca Cardarelli.





  

lunedì 9 febbraio 2015

SELMA - LA STRADA PER LA LIBERTA' DI AVA DU VERNAY


Il 2014 è stato l'anno dei Bio-pic. Vite di grandi uomini che hanno fatto la storia, spalmate su pellicola e servite al pubblico come un prelibato vassoio di ostriche e caviale, spesso con l'unico intento di strappare lacrime agli spettatori e statuette ai giurati. 
Probabilmente anche Selma - La strada per la libertà, in fondo, ha questo obiettivo, ma lo persegue in maniera più onesta e pulita: non è, infatti, il film sulla vita di Martin Luther King, ma su un periodo della storia americana che lo vede protagonista e che culmina con la marcia non violenta per la rivendicazione dei diritti costituzionali, in particolare quello di voto, da parte degli afro-americani, o "negri" come spesso li sentiamo autodefinirsi.


Selma è un film potente, che lascia da parte ogni possibile cautela e paura di impressionare il pubblico con scene oltremodo violente, perchè  così erano trattati REALMENTE gli afroamericani prima che Johnson (un grande Tom Wilkinson) emanasse la legge che, di fatto, metteva fine all'apartheid bianco e sudista nei loro confronti. Nessuno aveva prima d'ora osato rappresentare questi episodi. Nessun film aveva mai parlato dei fatti di Selma e della marcia non violenta da quella città a Montgomery, riuscita solo al terzo tentativo, dopo che i due precedenti erano sfociati nelle manganellate e nei pestaggi a sangue da parte della polizia. Nessun film aveva mai raffigurato così bene Martin Luther King (impersonato ottimamente da David Oyelowo, già visto in Interstellar), un uomo che si erge a leader pacifico e pacifista di un popolo vessato in ogni maniera e mette a rischio per primo la propria esistenza ponendosi in prima linea per raggiungere l'obiettivo prefissatosi. Un uomo, un predicatore, che riesce persino a far confluire tra i manifestanti anche molti bianchi, ma non scendendo mai a compromessi con i vertici dello stato ancorati su posizioni ultraconservatrici o di convenienza.


E giustamente l'Academy, magari per pulirsi la coscienza o magari perché effettivemente meritevole, ha inserito questo titolo tra gli otto papabili per il premio "Miglior Film". Perchè Selma è un film fatto bene, ha una colonna sonora eccezionale, una fotografia penetrante, un ottimo cast (un ottimo Tim Roth perfetto nei panni del governatore dell'Alabama Wallace, e inoltre Giovanni Ribisi, Cuba Gooding Jr, Oprah Winfrey) e una storia adattissima a questo tipo di riconoscimento. Sicuramente molto più "americana" di quanto non lo sia quella di "The Imitation Game" o "La Teoria del Tutto". Certo, lo scoglio "American Sniper" è altissimo e difficilissimo da oltrepassare, così come quello di "Boyhood", ma sicuramente Selma ha tutte le carte in regola per trionfare.


Curiosità: appare in una scena anche il caro J. Edgar Hoover (Dylan Baker) che in pochi secondi è stato capace di far dimenticare quel polpettone propinatoci da Clint Eastwood (al quale rimaniamo comunque devoti) con protagonista il "povero" Leonardino Di Caprio.
Non rimane che aspettare, ma ci sentiamo comunque di dire che "Selma, la strada per la libertà" è un film da guardare, da ammirare e sul quale riflettere a lungo.
Voto: 8/10
Al cinema dal 12 febbraio.
Luca Cardarelli.


giovedì 5 febbraio 2015

JUPITER - IL DESTINO DELL'UNIVERSO DI ANDY E LANA WACHOWSKY


Durante gli ultimi anni abbiamo assistito ad una eccezionale rimonta del cinema in stile anni '80, soprattutto per ciò che riguarda l'action e lo Sci-fi. I Fratelli Wachowsky si sono uniti al coro con la loro ultima opera, passata persino attraverso le ganasce super snob della giuria del Sundance Film Festival (da cui è uscita alquanto malconcia, a dire la verità), che unisce tutta una serie di generi che va dalla fantascienza all'action, dalla commedia al sentimentale: Jupiter Ascending, in Italia diventato Jupiter: il destino dell'Universo. 
Protagonisti di questa pellicola Mila Kunis nel ruolo di Jupiter e Channing Tatum nel ruolo di Caine, la prima una regina inconsapevole di un regno extraterrestre che usa la terra e altri pianeti abitati come campi sui quali "coltivare" donatori inconsapevoli di un elisir di lunga vita, l'altro un guerriero metà lupo e metà uomo mandato sulla terra da Balem Abrasax (Eddie Redmayne), il capo delle Abrasax Industries, che punta a dominare il cosmo dal punto di vista economico con il suddetto elisir. 


Sebbene la pellicola sia dal punto di vista prettamente "visivo" molto ben confezionata, dal punto di vista della sceneggiatura si rivela pesantemente raffazzonata e alquanto banale e scontata, raccogliendo al suo interno una molteplicità di temi e citazioni e omaggi a opere e autori (come Terry Gilliam) che, evidentemente, hanno influenzato la vita della coppia di fratelli registi, arrivando persino all'autocitazione del loro capolavoro, finora rimasto ineguagliato, Matrix.
Inoltre l'uso del 3D appare ingiustificato, se non per far apparire in rilievo i titoli di testa e di coda.


Le scene action ad inseguimento/combattimento sono estremamente lunghe e confusionarie e alla lunga finiscono con lo stancare persino lo spettatore più affezionato all'action rocambolesca marcatamente di stampo anni '80.
L'inevitabile storia d'amore tra i due protagonisti principali e quanto di più "già visto" possa esistere e l'epilogo della storia viene ampiamente preannunciato nella prima mezz'ora di film.
Mila Kunis interpreta un personaggio a metà tra Cenerentola e la Jennifer Lopez di "Un Amore a 5 stelle" (è infatti una Colf, prima di apprendere di essere una regina) Channing Tatum invece sembra arrivato sul set di Jupiter dopo un provino andato male per una parte da Spock in Star Trek. 



C'è addirittura Sean Bean che peró stavolta non muore nemmeno... 
I restanti personaggi (i cattivi, capitanati da Redmayne in versione Lord Casco di Balle Spaziali) non danno mai l'impressione di poter veramente nuocere all'integrità fisica dei protagonisti. E poi c'è lei, Kalique Abrasax, tale Tuppence Middleton, una dei tre fratelli cattivi (l'altro era Douglas Booth, già visto in Posh) che entra in scena truccata da 50enne, poi si fa un tuffo nella piscina di Cocoon e ne esce ventenne dalle chiappe sodissime e poi viene letteralmente dimenticata dalla sceneggiatura e non riapparirà più. Non è dato sapere cosa le sia successo dopo. 


Insomma, Jupiter Ascending è l'ennesimo fallimento dei Fratelli Wachowsky che dopo Matrix e V per Vendetta non hanno più saputo balzare agli onori della cronaca, se non per i loro clamorosi flop cinematografici.
Nelle sale dal 5 febbraio.
Voto: 4,5/10.
Luca Cardarelli.