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mercoledì 19 novembre 2014

I TONI DELL’AMORE

Ecco a voi la prima recensione dell'amica e collega Giulia, amministratrice del blog Pane, Amore e Cinema.


Love Is Strange, 2014, USA; durata: 100 min.
Regia: Ira Sachs
Produttori: Lars Knudsen & Jay Van Hoy, Ali Betil & Blythe Robertson
Sceneggiatura: Mauricio Zacharias & Ira Sachs
Direttore della fotografia: Christos Voudouris
Costume designer: Arjun Bhasin
CAST
John Lithgow: Ben
Alfred Molina: George
Marisa Tomei: Kate
Charlie Tahan: Joey
Darren Burrows: Elliot

"Love is strange" è una storia multi generazionale che passa al setaccio i diversi modi in cui ognuno di noi vive l'amore - e quel che ci aspettiamo - in momenti diversi della nostra vita." Così Ira Sachs (Keep The Lights On, Arsenico e Vecchi Confetti), regista de I Toni Dell'Amore, ci introduce alla sua ultima fatica, acclamata alla scorsa edizione del Sundance Film Festival. Di storie d'amore il cinema è pieno, ma che cosa avrà voluto aggiungere di nuovo questo giovane, indipendente regista? Facciamo un passo indietro, e vediamolo subito.
Ben e George sono una coppia. Vivono insieme da più di 3 decenni ed hanno una casa - con mutuo corredato - dalle parti di Chelsea, New York City. Con l'approvazione delle leggi matrimoniali a favore delle unioni tra persone dello stesso sesso, organizzano un'intima cerimonia, alla quale partecipano familiari - in particolare i 2 nipoti di Ben, Elliot, felicemente sposato con Kate e padre dell'adolescente Joey, e Mindy - ed amici. Tutto fila liscio come l'olio, ma per poco. George, che insegna musica in una scuola cattolica, viene licenziato - a quanto pare la curia non ha accettato il fatto che sia sposato...con un altro uomo. Perdere il lavoro con un mutuo sulle spalle significa solo una cosa: vendere l'immobile e cercarne uno più abbordabile, possibilmente in affitto. E nell’attesa che si risolva questa soluzione, sono gli amici e la famiglia a mettersi a disposizione.


Come dichiarato dal giovane regista I. Sachs, il film intende mettere in luce le 3 fasi principali di un rapporto amoroso: l'amore maturo, incarnato da Ben e George; l'amore in crisi, qui rappresentato dalla (in)felice coppia Elliot e Kate; e la scoperta dell'amore, il percorso che Joey intraprenderà durante questa ora e mezza di pellicola. Ma la verità è che solo uno dei 3 momenti viene analizzato, nelle sue difficoltà; i restanti vengono abbozzati e abbandonati o risolti frettolosamente. La storia si dipana linearmente verso un finale alquanto prevedibile. Momenti di tensione (familiare) e difficoltà si alternano a qualche battuta dalla facile presa sul pubblico (perchè solo George non conosce Game of Thrones, e non può saperne il suo fascino) e situazioni paradossali ("Non riesco a dipingere con gente in giro, perdo la concentrazione" asserisce Ben in una scena in cui la disperata Kate cerca di lavorare al suo nuovo romanzo, ma non può perchè c'è zio Ben che la disturba continuamente).


Il vero punto di forza del film sono le interpretazioni, su tutte quelle di Alfred Molina/George (Spiderman 2, Frida) e John Lithgow/Ben (Voglia di Tenerezza, Il Mondo Secondo Garp) che con poche scene condivise riescono a dare vita a 2 personaggi reciprocamente innamorati, costretti a vivere il loro amore sotto 2 tetti diversi. Il loro rapporto è così reale che in più di una scena rischia di di essere “lacrimogeno”, anche per quelli che si reputano “cuori di pietra”.  Marisa Tomei/Kate (premio Oscar per Mio Cugino Vincenzo, The Wrestler) dà vita ad un personaggio che per gran parte della pellicola è dimesso e sottotono, sprigionando invece la sua vera natura verso il finale. Poco spazio viene dedicato alla scoperta dell'amore, tinteggiato ambiguamente come d'altronde è la fase adolescenziale che attraversa Charlie Tahan/Joey.


Ma a farla veramente da padrona c'è lei: la musica, a cui per altro allude il titolo italiano della pellicola. George, post licenziamento, vive grazie alle ripetizioni di pianoforte ai suoi ex alunni. Ah, se solo Chopin avesse potuto sentire la libera interpretazione della ragazzina! Beh, l'avrebbe ripresa ed indotta a riprendere da capo il brano, proprio come lui l'aveva composto. E non è un caso che un autore così romantico sia stato scelto per musicare gran parte del film, il cui tema portante è proprio l'amore: i suoi waltz, le sue sonate e i suoi notturni ben si addicono ai caratteri dei vari personaggi.
Il film, come anticipato, non innova o aggiunge nulla di nuovo alle dinamiche amorose, rimanendo una storia "classica". E seppur possa apparire da queste parole che il film non ci sia piaciuto, chi ha visionato la pellicola è uscita dalla sala con il cuore in mano...e qualche lacrima in meno in corpo. Perché, in fondo, I Toni Dell'Amore ha il pregio di trasmettere una grande, non troppo scontata, lezione di vita: che voi siate gay, etero, neri, bianchi, poco importa: amate, e non abbiate paura di essere giudicati. 
Buona visione...e ascoltate tanto buon F. Chopin!
Al cinema dal 20 novembre 2014.
Giulia Elettra Caramello



THE HUNGER GAMES - MOCKINGJAY (Il canto della rivolta)


Come per tutte le saghe, anche Hunger Games, tratta dall'omonima trilogia romanzesca firmata Suzanne Collins, è arrivata al suo capitolo finale. Un capitolo finale che, come è ormai (brutta) usanza, è stato diviso in due ulteriori capitoli, più per questioni commerciali che per reali esigenze di sceneggiatura (basti pensare ad "The Hobbit", per il quale un romanzo di 200 pagine è diventata una trilogia cinematografica da quasi 9 ore).


La prima parte di Mockingjay (letteralmente tradotto "Ghiandaia imitatrice", diventato misteriosamente "Il canto della rivolta" che, comunque, non è un brutto sottotitolo) ci presenta uno scenario che sembra la summa di quelli di tutti i film "distopici" più famosi, da "Blade Runner" a "Matrix": il fantomatico "Distretto 13", una specie di covo segreto sotterraneo, accoglie al suo interno Katniss Everdeen (una stralunata Jennifer Lawrence) dopo la sua fuga dai ribelli inferociti per il suo abbandono dell'Arena. Lì troverà la "Presidentessa" Coin (Julianne Moore) con Plutarch Heavensbee (P.S. Hoffman, che riposi in pace) , Gale (Liam Hemsworth), Finnick (Sam Claflin), Effie Trinket (Elizabeth Banks) e il sobrio Haymitch Abernathy (Woody Harrelson). la presidentessa e Plutarch vedono in Katniss il simbolo della futura rivolta dei distretti riuniti contro la malvagia Capitol City, dove un sempre più cattivo Snow (Donald Sutherland) tiene in ostaggio, facendogli pure il lavaggio del cervello, l'ormai dato per morto Peeta Mellark (Josh Hutcherson), cui Katniss è ancora profondamente legata.
Durante le prime due ore di "racconto" assistiamo alla fase preparatoria della battaglia risolutoria tra i distretti riuniti e Capitol City e il regista Francis Lawrence ci fa avvicinare all'esplosione della rivolta finale in maniera talvolta un po' lenta, con improvvisi scatti di sceneggiatura mixati sapientemente a sequenze action molto esplosive e spettacolari.
Inoltre viene resa ottimamente la lenta, ma inesorabile, trasformazione del personaggio di Coin, che dapprima sembra essere un capo dei ribelli che si mette sullo stesso piano di questi, ma poi, verso la fine, subisce il fascino diabolico del potere, risultando quasi un personaggio analogo a quello di Snow, e quindi estremamente negativo.


Il cast, stracollaudato, non delude: Jennifer Lawrence si conferma regina della scena, seppur in maniera un po' più diluita rispetto a i primi due capitoli della saga. Nota di merito, inoltre, per la sua ottima performance canora all'interno del film.
Ciò che sorprende è l'evoluzione di Josh Hutcherson, che era sempre sembrato un po' troppo dimesso rispetto ai suoi due colleghi Hemsworth e Claflin: infatti, complice anche un Peeta alienato, risulta perfetto per il ruolo affidatogli.
Ottime come al solito le prove di Elizabeth Banks e Woody Harrelson, con una punta di commozione verso Philip Seymour Hoffman, cui la pellicola è dedicata, come apprendiamo all'inizio dei titoli di coda.
Attendiamo, quindi, la seconda parte che si preannuncia estremamente succulenta e non priva di emozioni e colpi di scena.


Nei cinema dal 20 novembre 2014.

mercoledì 12 novembre 2014

NIGHTCRAWLER - LO SCIACALLO



L'incubo della disoccupazione spinge Louis "Lou" Bloom a vivere di furti e ricettazione. Il resto del tempo lo passa su internet seguendo svariati corsi online e cercando l'illuminazione per fare carriera.
L'occasione gli si presenta una notte, sull'autostrada. Incidente appena avvenuto. Si ferma, forse per curiosità, forse per altro. Fatto sta che vede precipitarsi sul posto un videoreporter con assistente al seguito. Scopre così che, con una videocamera e un cb che capta le frequenze della polizia, può dare la tanto agognata svolta alla propria vita, sia dal punto di vista economico che da quello professionale. Basta sapere il luogo di un incidente o di un delitto e recarvisi prima di tutti, portare il video girato ad una delle mille emittenti televisive di Los Angeles, e i soldi sono assicurati.
Jake Gyllenhaal è Lou Bloom, in un film scritto e diretto da Dan Gilroy, al suo esordio da regista, ma già sceneggiatore in film come "The Bourne Legacy" e "Real Steel".
Quello che Gilroy ci mostra è la crudezza e la crudeltà non solo di Lou, ma di tutti i personaggi che gli girano intorno, ad eccezione forse del suo assistente Rick, un senzatetto raccolto dalla strada grazie al miraggio di stipendio e crescita professionale assicurati, che rimane l'unica persona "normale" che vediamo ne "lo Sciacallo".
Bloom, al pari di Nina (Renè Russo), la direttrice della rete cui lo sciacallo affida i propri video, non si fa troppi scrupoli sul lavoro. Il primo obiettivo sono i dollari. Così come per un telegiornale il primo obiettivo è lo "Share". E questi due fattori sono strettamente legati: più share, più dollari.


L'attività di videoreporter free-lance ormai è un lavoro che, grazie ai social media come Youtube, è esploso in tutto il mondo. Orde di "Youtubers", spesso armati solo di cellulare, lottano tra loro a suon di video "updatati" sul proprio canale, riprendendo non solo avvenimenti strani come un cane che corre sullo skateboard, ma scaraventandosi letteralmente sulle scene di incidenti e delitti per documentare per primi l'accaduto e vendere il proprio servizio alle Tv. Travalicando spesso il confine dell'etica e del politically correct.


Potremmo quindi affermare che ciò che ci mostra Gilroy nel suo film non è niente di nuovo o strano. Ma qui entra in gioco l'abilità del regista nel rappresentarci una storia da brividi con protagonista un Jake Gyllenhaal mai visto così in forma dai tempi di Donnie Darko (anche se in "Prisoners" la sua prova da sbirro ossessionato è stata più che apprezzabile).
Proprio come uno sciacallo Gyllehaal appare smunto in viso, con un espressione da pazzo psicopatico sempre stampata in faccia e dotato di una freddezza degna di personaggi alla Hannibal Lecter, giusto per fare un esempio.
E come uno sciacallo Bloom gira di notte in cerca di "prede" che possano dargli da sopravvivere in una città come Los Angeles dove quotidianamente ricchezza e povertà convivono e spesso si scontrano. Più è povera la vittima, meno sarà l'interesse dell'Audience nei confronti della notizia che lo vede protagonista, e, di conseguenza, minore sarà la ricompensa per averla data. E allora bisogna dirigersi verso i quartieri alti, ove qualsiasi cosa desta lo scalpore della gente. Un morto a 5 stelle è un evento che rimane sulla bocca di tutti per molto tempo e, di conseguenza, la notizia verrà ricordata per più giorni anche dai telegiornali.


Quello che sconvolge è il modo in cui Bloom manipoli gli accadimenti a proprio piacimento, con l'unico scopo di farci più soldi possibili, non guardando in faccia nessuno, unitamente ad un vero e proprio "Squalo" del giornalismo televisivo, Nina, che getta ulteriormente benzina sul fuoco rendendosi complice e per certi versi anche mandante delle malefatte di Bloom.
Ciò che ne viene fuori è un pirotecnico Thriller/Action Movie in cui tutto gira alla perfezione: fotografia, colonna sonora, scene ad inseguimento, interpretazioni, montaggio e sceneggiatura sono quasi privi di difetti, se non perfetti.
Il finale è uno dei più sorprendenti di questa stagione e lascerà davvero a bocca spalancata gli spettatori.
Si desume, tirando le somme, una critica feroce al mondo dei media sia on line che televisivi, ove tutto viene in secondo piano rispetto a fama e denaro. Media che non sono altro lo specchio di una società ormai priva di valori e corrotta in ogni sua parte.
Un film "Lo Sciacallo" che centra perfettamente il bersaglio e che ha tutti i crismi del "cult", pur nascendo da una produzione semi-indipendente.
Un film che farà parlare di sé.
Nelle sale italiane dal 13 novembre 2014.


Questa recensione è pubblicata anche sul sito Un film al giorno dell'amico Marcello Papaleo.

martedì 4 novembre 2014

STILL LIFE



Ci sono film che fanno da segnalibro nella nostra vita perché visti in concomitanza di un evento o un periodo che ci ha cambiati profondamente. Il 25 ottobre 2014 la mia mamma ha improvvisamente deciso di dirci addio (che poi è un arrivederci). Mentre Vi scrivo sono ancora (e chissà ancor per quanto lo sarò) traumatizzato da questo triste evento. Ma bisogna farsi forza e andare avanti, pur con una enorme cicatrice sul cuore, qual è la dipartita di un genitore (qualunque età avesse avuto, sarà sempre TROPPO PRESTO).
Dicevamo dei film segnalibro... Ecco... Giovedì 30, ripreso il tran tran lavorativo, ho anche deciso di recarmi insieme al mio fidato nonché migliore amico Michele nel cinema parrocchiale sede di un cinecircolo che ogni settimana proietta film già ampiamente fuori programmazione nelle sale "normali": il film di cui Vi parlerò è Still Life di Uberto Pasolini con un fenomenale Eddie Marsan in un "quasi" Oneman Show dai contorni un po' macabri.


Ero totalmente ignaro, come lo era Michele, del tema trattato dal film. Non so se sarei andato a vederlo se mi fossi precedentemente documentato. 
Still Life parla di un impiegato municipale (John May/Eddie Marsan) che si occupa di cercare parenti di persone defunte in totale, apparente, solitudine. E anche di cercare di portarli al relativo funerale. Ma, pur riuscendo a rintracciarli, non riesce mai a centrare il secondo obiettivo. 
John conduce una vita totalmente all'insegna dell'abitudinarietà e, come gli stessi defunti oggetto del suo lavoro, della solitudine. Vestito sempre alla stessa maniera, pasti sempre identici, casa-ufficio-chiesa (funerali)-ufficio-casa. Da 22 anni.


Ma un giorno tutto cambia: causa la crisi a John viene notificato dal capo (uno stronzo con la "S" maiuscola) il licenziamento. Gli viene data però la possibilità di portare a termine il suo ultimo caso. Billy Stoke è il nome del defunto che, guarda caso è anche il suo vicino di casa.
Still life è un piccolo grande gioiello di film. in sè racchiude un'ampia gamma di temi tutti ampiamente sviluppati con una dolcezza e una delicatezza da pelle d'oca: la solitudine, la morte, l'amore.


Il film si lascia guardare molto facilmente, emozionando, intristendo ed infine sollevando lo spettatore grazie ad una sequela di eventi che John vive in primissima persona che ricalcano esattamente la trattazione argomentativa dell'intero film. Solitudine, morte, amore. E poi ancora morte, quando la vita sembra prendere il sopravvento. Come in un triste girotondo senza soluzione di continuità.
Still Life, che è si "Natura morta", ma regala un soffio vitale di speranza per quando, il più tardi possibile (si spera), non ci saremo più.
Ampiamente consigliato. magari non andatelo a vedere dopo un evento estremamente luttuoso come ho, involontariamente, fatto io.



Ciao Mamma.